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Cronaca, Lavoro

In vacanza con lo smartworking

Il Workation rompe gli schemi e permette a milioni di lavoratori di muoversi altrove, restando presenti e connessi. Ma quando ci si riposa? Il 26% di chi accetta lo fa perché le pressioni del capo non lasciano altra scelta e il 29% teme che rifiutandolo potrebbe perdere il lavoro. Analisi approfondite.

Il termine “Workation” deriva dalla crasi delle parole inglesi work (lavoro) e vacation (vacanza). Lavorare in vacanza dunque, una pratica sempre più diffusa, parente stretta dello smartworking e che come quest’ultimo ha preso piede soprattutto nel periodo post pandemico. Accanto agli innegabili pro la nuova tendenza presenta anche dei contro da non sottovalutare.
Partiamo dai lati positivi. Per un lavoratore può essere vantaggioso recarsi in un luogo di villeggiatura senza dover aspettare agosto, per ricongiungersi con la famiglia d’origine o per trascorrere un periodo in una località diversa da quella di residenza, magari con un partner con cui si fa fatica a far coincidere le ferie. Finito l’orario di lavoro e spento il computer, si può sempre approfittare del tempo libero per godere delle opportunità offerte dal posto in cui ci si trova, fuggendo dal solito tran-tran. Questo almeno in teoria.
Come sempre, infatti, non è tutto oro quello che luccica. Grazie, o sarebbe meglio dire a causa, del workation è possibile lavorare in vacanza, ma quando ci si riposa? Spesso diventa difficile dividere i momenti di connessione da quelli di relax, se le due cose non sono nettamente separate. Il rischio è quello di dover essere sempre raggiungibili e che anche durante le ferie vere, quelle in cui si dovrebbe solo pensare a godere del tempo libero, si dia per scontata una certa reperibilità. Se è un rischio che i liberi professionisti hanno sempre corso, la novità è che ora sta riguardando anche i dipendenti.

Una ricerca della Movchan Agency ha analizzato le criticità. Dallo studio è risultato, infatti, che il 39% degli intervistati ammette di lavorare a volte durante la vacanza, mentre il 15% afferma di farlo frequentemente. Il problema è che spesso il workation viene offerto come alternativa, e non come aggiunta, alle ferie. Il 26% di chi accetta lo fa perché le pressioni del capo non lasciano altra scelta, e il 29% teme che rifiutandolo potrebbe perdere il lavoro. Il 33% delle persone ha dichiarato di ricevere regolarmente messaggi dai colleghi che interrompono i momenti di relax, rendendo impossibile la disconnessione totale. Lavorare in vacanza genera anche criticità nella coppia con un 28% del campione di analisi che ha raccontato di aver avuto liti con il partner causate dall’impossibilità di staccare totalmente. Ma il dato peggiore riguarda i problemi di salute mentale, come burnout e depressione, che hanno colpito il 70% di chi ha partecipato allo studio, mentre due su tre hanno riscontrato mal di testa e dolore cronico.
Come spesso accade, la via giusta sta nel mezzo. In questo caso quindi l’ideale sarebbe quello di poter approfittare degli aspetti positivi del workation, senza lasciarsi travolgere da quelli negativi.

Come fare? Organizzando prima le attività e cercando di stabilire regole chiare e definite anche con i propri responsabili e colleghi. I confini devono essere chiari e ben delineati e i dispositivi che rendono raggiungibili sarebbe meglio disattivarli finito l’orario lavorativo. Essere ligi durante lo svolgimento del lavoro è sicuramente importante, ma è altrettanto fondamentale esserlo durante i momenti di relax.

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