Milano, 7°

Cronaca, Giustizia, Sport

Le Paralimpiadi spezzano il tabù sui transgender

30.07.2024

I Giochi Olimpici moderni sono sempre stati un teatro di dibattito a favore dell’eguaglianza e dell’integrazione. Quali sono le regole specifiche di “compensazione”, tecnicamente note come coefficienti di rating? Focus sulla partecipazione della prima atleta transgender italiana Valentina Petrillo ai giochi Paralimpici di Parigi.

Dai tempi della quasi sconosciuta Stamàta Revithi a quelli della squadra degli Atleti Olimpici Rifugiati di Rio 2016, passando per la protesta di Tommie Smith e John Carlos a Città del Messico 1968, i Giochi Olimpici moderni sono sempre stati teatro e cassa di risonanza di grandi, e spesso dibattute, iniziative di eguaglianza, riscatto e integrazione. È facile immaginare che il cammino proseguirà, come suggerisce la notizia recentissima della convocazione per i giochi Paralimpici di Parigi 2024 della prima atleta transgender italiana, Valentina Petrillo (forza Valentina!).

I grandi traguardi raggiunti sino ad oggi hanno consentito una partecipazione sempre maggiore, all’interno delle competizioni sportive di persone transgender, alle quali è stato riconosciuto il diritto di cambiare nome e identità di genere all’anagrafe, senza alcun intervento di riassegnazione o assunzione di terapie ormonali, (si veda la decisione del Tribunale Trapani del 6 luglio 2022, n.6). Ciò comporta la necessità di un intervento mirato da parte dell’ordinamento sportivo, chiamato a bilanciare il diritto di gareggiare, spettante a tutti, con l’equità competitiva.

Il tema del vantaggio competitivo iniquo e innato è già stato affrontato dalla World Sailing (Federazione internazionale della vela), che, proprio con l’obiettivo di garantire una competizione corretta, ha introdotto delle regole specifiche di “compensazione” – tecnicamente note come coefficienti di rating – idonee a eliminare il vantaggio correlato alle caratteristiche del tipo di imbarcazione utilizzato in gara. Si tratta, indubbiamente, di una soluzione applicata a una tematica di più agevole analisi, che tuttavia potrebbe servire da spunto anche per affrontare, da un punto di vista medico-scientifico-sportivo, la questione di cui abbiamo trattato.

Da ultimo, non possiamo fare a meno di rilevare come nella letteratura scientifica ci sia ancora forti disparità di vedute e come recenti studi scientifici – forse influenzati da bias “ideologici” – siano pervenuti a risultati diametralmente opposti. La questione è ancora aperta e lascia ancora una volta al mondo dello sport il compito assai delicato di contemperare esigenze diverse, ma prioritarie: da un lato garantire il libero accesso allo sport, da sempre luogo di inclusione e aggregazione; dall’altro quello di garantire condizioni eque all’interno delle competizioni. L’auspicio di chi scrive è che la questione non assuma un carattere esclusivamente politico.

Condividi